Il progressismo economico e politico e la sua difficile relazione col passato in un periodo in cui tutti parlano - senza aver nulla da dire.


Il problema attuale del progressismo economico e politico - quello onesto e consistente, non quello di Obama, di Renzi, o dei socialisti danesi o di Syriza - è che, recentemente, si è trasformato per necessità in una sorta di "regressismo".
In un periodo storico in cui le innovazioni politiche ed economiche si rivelano sempre più un cul-de-sac, il guardare addietro è l'unico modo di comprendere e reagire alla deriva verso cui andiamo incontro, specialmente noi Europei.
Un Tocqueville contemporaneo, intellettuale e divulgatore di mondi sconosciuti ai più, sarebbe latino americano e, venendo a vivere temporaneamente in Europa, ci descriverebbe come un popolo che ha rinunciato di fatto ai propri diritti fondamentali, come masse circuìte da nozioni di pseudo uguaglianza e democrazia atte a perpetrare il volere di un pugno di padroni del vapore.
Tornando al problema del progressimo, mi capita spesso di spiegare ad amici e conoscenti sotto i 40 come funzionavano le cose in Italia, a livello di redditi, servizi e diritto del lavoro, mentre loro nascevano o erano ragazzini. La reazione nella maggior parte dei miei ascoltatori è di quasi totale indifferenza nei confronti dei contenuti: ciò che il cervello restituisce al momento è un rifiuto pavloviano del "vecchio". Fa niente che solo 30 anni fa, in Italia, spesso un reddito da impiegato era sufficiente a fare le vacanze con tutta la famiglia, comprare la casa, la macchina e mandare all'università i figli - ed a volte anche i nipoti, a 20 anni di distanza. Non era tutto perfetto, assolutamente, ma il paragone fa impallidire la situazione attuale.
Scatta il rifiuto del "vecchio", ritenuto senza se e senza ma incompatibile coi giorni d'oggi. Peccato che, senza nominare il nome dello Stato in questione e gli anni passati da quei momenti storici, sembri di descrivere una socialdemocrazia scandinava ante litteram. E mi viene in mente cosa intendeva Pasolini quando parlava della violenza e del danno dei corpi estranei al profilo antico e prezioso della città di Orte.


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